L’artrite reumatoide è una malattia degenerativa che colpisce circa 300.000 persone in Italia (un’incidenza pari allo 0,5-0,7%) in una fascia di età generalmente concentrata fra i 40 e i 60 anni.
Artrite reumatoide una malattia che si manifesta con sintomi generalizzati: fatica cronica, dolore, stanchezza, limitata motilità e con disturbi di tipo psicologico, come depressione (22%), ansia (37,5%), o un’alterata immagine corporea.
“Si tratta di una malattia infiammatoria cronica e come tale va diagnosticata precocemente. Va seguita con uno stretto monitoraggio sia per valutare l’attività di malattia sia per tenere sotto controllo gli effetti collaterali dei farmaci” spiega la Prof.ssa Giovanna Cuomo, reumatologa, aggiungendo che negli ultimi anni l’approccio terapeutico nei confronti della malattia si è incentrato maggiormente su due fattori:
- Tight control (stretto monitoraggio terapeutico)
- Treat to target (centrare il bersaglio terapeutico)
“Il tight control può essere definito come una strategia di trattamento ritagliata sull’attività di malattia
del singolo paziente, e consiste nel controllare il paziente frequentemente per garantire modificazioni opportune della terapia fino ad ottenere il controllo dell’attività di malattia” spiega, e conclude: “l’artrite reumatoide è una malattia cronica che persiste nel tempo e che, pertanto, il paziente deve conoscere nel modo più approfondito possibile”.
Artrite reumatoide e sessualità
Le malattie reumatiche sono particolarmente invalidanti: impediscono il normale svolgimento delle attività quotidiane, il lavoro, e possono inficiare il benessere psicofisico e quello sessuale.
La dott.ssa Cristina Critelli, sessuologa, spiega che l’artrite reumatoide può arrivare ad impedire, nei fatti, una sana sessualità: “il 73% delle donne con Artrite Reumatoide ha una diminuzione nella frequenza dei rapporti, una diminuzione della soddisfazione sessuale e nel 50-60% dei casi anche una diminuzione del desiderio sessuale”. Tra queste, a soffrire maggiormente ci sono quelle colpite dalla Sindrome di Sjögren, che comporta una secchezza della mucosa vaginale che causa dispareunia, e/o una menopausa precoce legata alla malattia stessa.
A volte capita che i sintomi della malattia possano coesistere con altri disturbi: “presenza di un dolore cronico, comorbidità con la vulvodinia, secchezza vaginale, presenza di sindromi ansioso-depressive correlate, effetti collaterali sulla funzione sessuale dei farmaci utilizzati in terapia”. Ritrovare un’intesa sessuale con il proprio partner, insomma, può diventare complesso, specie quando ci si trova a confrontarsi con la paura di provocare sofferenza fisica nell’altro.
Quali consigli mettere in pratica per alleviare il problema? La dott.ssa Critelli suggerisce: “per prima cosa discutere con il proprio partner delle problematiche sessuali. Altro consiglio è quello di esplorare differenti posizioni per sperimentare la sessualità in modo da trovare quella in cui il dolore e la limitazione al movimento siano contenuti”. Oppure “utilizzare farmaci analgesici, il calore e i farmaci miorilassanti prima del rapporto sessuale per diminuire il dolore e facilitare i movimenti, esplorare forme alternative di espressione della sessualità”.
Un nuovo approccio alla cura
La sessualità è per molte donne ancora un argomento tabù nel rapporto col proprio medico. Ma molto sta cambiando: “negli ultimi anni il rapporto medico-paziente è cambiato” spiega la dott.ssa Cuomo “infatti si è sviluppato un modello relazionale diverso in cui il paziente diventa parte attiva o, comunque, concorre nella scelta delle decisioni da intraprendere e condividere col proprio medico, per migliorare il proprio stato di salute”. Il paziente, insomma, diventa parte attiva nel processo di guarigione, e parlando col proprio medico può indirizzare le cure in maniera più puntuale ed efficace.
“Non esiste un’unica terapia per un unico paziente, ma ogni approccio terapeutico deve essere individualizzato in relazione ai segni e sintomi clinici” continua la dott.ssa Cuomo. Lo stato della medicina? “A tutt’oggi le cause delle malattie reumatiche non sono completamente chiarite e non sempre le terapie sono risolutive. Un corretto inquadramento diagnostico ed un approccio terapeutico multimodale e multidisciplinare, basato su un team multiprofessionale, possono tuttavia migliorare notevolmente la qualità della vita dei pazienti.