Chirurgia Estetica, ne parliamo oggi con la D.ssa Maria Intravaia, Medico chirurgo, specialista in Chirurgia Plastica, presso la casa di Cura Villa Anna Maria a Roma
La chirurgia estetica rappresenta per certi aspetti la versione contemporanea della fontana dell’eterna giovinezza. Cercare di riportare indietro le lancette dell’orologio suscita sentimenti ambivalenti: può essere visto come un atteggiamento tanto comune da poter essere considerato semplicemente naturale, oppure stigmatizzato come negazione di un processo inevitabile.
Si dice che oggigiorno le persone non sappiano invecchiare. In realtà, in passato, non era proprio possibile invecchiare. All’inizio del ‘900 la speranza di vita era di circa 35-40 anni, nel terzo millennio è praticamente raddoppiata grazie alle mutate condizioni di vita (maggiori disponibilità di cibo, migliori condizioni igieniche, migliori terapie).
Dunque donne e menopausa, un errore evolutivo o un mancato adeguamento?
Per quanto riguarda le donne poi, in passato la totalità della vita adulta si identificava con la fertilità, ma oggigiorno almeno metà della nostra vita adulta è non riproduttiva. È un fenomeno del tutto nuovo nella storia dell’umanità. La menopausa ci proietta in una dimensione inesplorata. Che fare di questo tempo che la “modernità” ci ha regalato? Il concetto stesso di invecchiamento va ripensato. Non si tratta quindi di “cancellare” i segni del tempo con la chirurgia estetica, ma piuttosto di realizzare un nuovo senso di adeguatezza e di accordo con se stessi. In quella faglia del tempo biologico, che è la menopausa, può manifestarsi uno scarto, una sfasatura. Può capitare allora che lo specchio ci rimandi l’immagine di un corpo che non è il proprio, quasi ci trovassimo di fronte ad un paesaggio diventato irriconoscibile. E allora un lifting o il botulino potrebbero rappresentare dei semplici accorgimenti per ritrovare l’armonia tra il proprio apparire e il proprio sentire.
Ci faccia un esempio.
A questo proposito mi torna in mente la decana delle mie pazienti. Veniva a trovarmi 2-3 volte l’anno, ci si raccontava la vita, mentre eravamo intente a quella che io chiamo la “manutenzione ordinaria”. Dopo un’assenza insolitamente prolungata ritorna per il nostro consueto appuntamento e mi racconta di aver avuto un infarto. Mi informa che le sue condizioni sono discrete e mi dice di aver chiesto al suo cardiologo il permesso di poter effettuare i suoi soliti trattamenti (botulino, filler…) per i quali il collega non aveva obiezioni, e aggiunge: “perché, sa, dottoressa, ho deciso che voglio morire bella”. Con la giusta dose di autoironia aveva espresso una semplice verità la “bellezza” ricercata, ritrovata e nuovamente percepita è, prima di tutto, una condizione dello spirito che la medicina moderna pone alla portata di ogni donna che con maturità e consapevolezza la voglia perseguire.